Risveglio a Phuket: un ultimo giorno da ricordare
Il risveglio a Phuket ha il sapore dolce e struggente delle cose che stanno per finire. È una mattina di fine novembre, e mentre la luce filtra nel silenzio, una sottile malinconia si insinua tra i miei pensieri: questa sarà l’ultima giornata dedicata all’esplorazione dell’isola. Ma non c’è spazio per il rimpianto, non ancora. L’entusiasmo si fa strada nel petto, prepotente, e mi spinge a vivere ogni istante con intensità, a imprimere nella memoria ogni suono, ogni odore, ogni sfumatura di questa terra che già sento scivolarmi via, lasciando dietro di sé il sapore inconfondibile della nostalgia.
L’aria è satura dell’odore caldo del legno, lo stesso che avvolge interamente l’alloggio, e per un momento resto immobile, lasciandomi cullare da quella fragranza che sa di casa, pur essendo a migliaia di chilometri di distanza. Mi volto lentamente nel letto, avvolta ancora nel tepore delle lenzuola, e il mio sguardo si perde oltre la grande vetrata. Vorrei fermare quell’immagine nel cuore, come una composizione fotografica perfetta: l’immensità dell’oceano incorniciata nel vetro, l’azzurro che si dissolve all’orizzonte, le onde che si muovono lente come un respiro e racchiuse in quella piccola cornice.
Siamo ancora frastornati dal jet lag, ma in pochi minuti siamo pronti. La colazione ci attende: un tripudio di colori e sapori esotici. Tra tutti, mi incuriosiscono quelle piccole sfere bianche con semini neri, avvolte in una buccia rossastra. Le assaggio con curiosità, tirando a indovinare il nome, mentre il rumore delle onde ci accompagna nell’attesa del nostro driver.


Phuket autentica: tra eleganza e sorprese
Non smetto di meravigliarmi davanti alla bellezza intatta di questo posto, all’eleganza gentile dei thailandesi, al loro modo di vivere essenziale e senza eccessi. Un minimalismo che, però, non si applica affatto ai mezzi di trasporto. Il nostro autista ci attende con un van che sembra uscito da un sogno psichedelico: interni decorati con dettagli dorati, piccoli Buddha incastonati sotto il parabrezza come amuleti di buon auspicio, e una serie di oggetti bizzarri che pendono dal retrovisore.
Avventura in quad: adrenalina nella giungla
La giungla ci aspetta. Abbiamo deciso di salutare l’isola con un ultimo colpo di adrenalina: un’escursione in quad lungo le strade sterrate. L’idea di guidare un mezzo a me sconosciuto, in un luogo così selvaggio, mi provoca un brivido lungo la schiena. Ma ogni esitazione si dissolve tra le risate di un gruppetto di giovani thailandesi.
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Incontri autentici: ragazzi dalla Birmania
Le barriere si abbattono in un istante, con un sorriso, con un gesto. E poi c’è Ludovico, la sua barba intrecciata con un elastico che, senza volerlo, diventa un aggancio perfetto per attaccare bottone. Ci raccontano le loro storie a metà tra il tailandese e qualche parola d’inglese, e noi ci sforziamo di capirli, di farci capire. Scopriamo che tre di quei ragazzi provengono dalla Birmania: sono fuggiti dalla guerra, arrivati in Thailandia in cerca di un futuro migliore. Nei loro volti si intravedono le tracce di un passato difficile, ma nei loro occhi brilla una luce vivace, una gioia autentica che non ha bisogno di parole per essere compresa.
Ci capiamo lo stesso, tra gesti, sorrisi e qualche parola incerta finché il rombo dei motori spezza il momento. È ora di partire.

Boh, la guida carismatica
A guidarci in questa avventura c’è Boh, uno dei ragazzi conosciuti poco prima. È impossibile non notarlo: la sua energia riempie lo spazio, si muove con una naturalezza scenica, quasi teatrale. Parla poco, ma i suoi occhi brillano di espressività. I gesti ampi, i sorrisi rapidi e le sue buffe imitazioni ci mettono subito a nostro agio, come se ci conoscessimo da sempre.
Si avvicina al quad con la sicurezza di chi ha passato una vita tra questi sentieri e, senza troppi preamboli, mi mostra i comandi con un misto di parole, versi onomatopeici e dimostrazioni esagerate. È impossibile non ridere mentre tenta di spiegarmi la frenata, sbilanciandosi all’indietro con espressioni da vero attore. Dopo qualche minuto, con un cenno deciso, mi fa capire che sono pronta.
Tra fango, velocità e scoperta
I motori rombano e ci mettiamo in marcia. Boh ci segue da vicino, incitandoci con grida e battiti di mani, esultando a ogni ostacolo superato. Il tragitto si trasforma presto in un gioco: le ruote che affondano nel fango, gli schizzi d’acqua delle pozzanghere che si sollevano intorno a noi, la giungla che si stringe sui lati mentre il vento e l’odore di bambù ci sferzano il viso. Ogni tanto Boh si avvicina di corsa al nostro fianco, gesticolando come un regista che dirige la scena di un film d’azione.

A un certo punto, senza preavviso, lo vediamo scattare via, come un’ombra tra gli alberi. “Venite!” esclama, facendoci cenno di seguirlo. Il quad si ferma con uno strattone, il motore ancora ruggente sotto le dita. Ci scambiamo uno sguardo veloce prima di correre dietro di lui, immersi nel cuore pulsante della giungla.
Boh si ferma accanto a una pianta dalle foglie larghe, verdi e rigide, e con un gesto rapido ne spezza una. “Dong” dice con un sorriso, sollevando la foglia per mostrarcela. “Queste… sigari.” Lo dice in inglese, con un accento che rende la parola quasi musicale.
Ci spiega a gesti – e con qualche parola spezzata – che queste foglie vengono raccolte, essiccate e poi usate come cartine naturali per sigari e sigarette locali. Ne stacca un’altra, la sfrega tra le dita per mostrarci la consistenza, poi la passa a noi, come se fosse un piccolo tesoro da custodire.
Lo osserviamo affascinati. In quel momento capisco che per lui non si tratta solo di una pianta, ma di una parte della sua cultura, della sua storia. Un dettaglio che ai nostri occhi può sembrare piccolo, ma che racchiude un intero mondo.
Non so se mai fumerò un sigaro fatto con il dong, ma in quel momento, tenerne tra le mani una foglia appena raccolta, in mezzo alla giungla thailandese, è già di per sé un’esperienza che non dimenticherò mai.
Ripartiamo, il rombo dei quad che si mescola ai suoni della giungla. Il terreno si fa più sconnesso, le curve più strette, ma ormai il timore iniziale è svanito, lasciando spazio al puro divertimento. Boh continua a incitarci, a ridere forte ogni volta che una nuvola di fango si solleva al nostro passaggio. Ci sentiamo liberi, lontani da ogni pensiero, completamente immersi nell’adrenalina e nella bellezza selvaggia che ci circonda.
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Durante il nostro giro, riusciamo ad ammirare, seppur da lontano, la maestosa sagoma del Buddha Gigante, che domina la collina con la sua presenza imponente e serena. La strada per raggiungerlo è stata interrotta da una recente frana, e non possiamo avvicinarci come avremmo voluto. Ma non importa. Da qui, tra gli alberi e il cielo limpido, l’immagine della statua assume un fascino ancora più mistico, come se volesse rimanere distante, intoccabile. Ci fermiamo un istante per scattare qualche foto, ma più che altro per imprimere nella memoria questo momento, fatto di risate, di terra sotto le unghie e di emozioni difficili da spiegare.

Saluto a Boh: energia e spiritualità
È ora di salutare Boh. Non ha ancora esaurito la sua energia: saltella, posa per le foto cercando di farsi immortalare nelle pose più strambe, la sua risata è un’eco che rimbalza tra gli alberi. Ma poco dopo, con la stessa rapidità con cui si muove tra le pozzanghere, lo ritroviamo in un angolo più appartato, accendendo delle candele davanti a un piccolo santuario.
Il contrasto tra le due immagini mi colpisce. Il ragazzo gioioso e pieno di vita che poco prima si tuffava nelle pozzanghere con noi, ora è immobile, assorto, con lo sguardo rivolto verso la luce tremolante delle fiamme. È un attimo intimo, che ci invita al silenzio. Boh si inginocchia per un breve istante, le mani giunte in un gesto rispettoso.
Capisco che dietro la sua esuberanza si cela molto più di quanto lasci trasparire. C’è un passato, una storia, forse dolori nascosti che non ci ha raccontato. Ma c’è anche un’anima profonda, capace di ridere e di pregare con la stessa intensità.
Lo guardiamo da lontano, senza voler interrompere quel momento. Poi, con un ultimo sorriso, ci salutiamo per l’ultima volta. Ed è così che voglio ricordarlo: un’energia travolgente, uno spirito libero, ma con un cuore che brilla, come la fiamma di quelle candele.

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2 risposte
Molto bello.
Sicuramente pianificherò un viaggio con voi.
Avete anche qualche offerta vantaggiosa, in generale?
Esistono gruppi ai quali potermi aggregare?
Grazie!
Ciao! Grazie per l’interesse!
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Un caro saluto,
Ludo & Anto